vigneto con tramonto

La biodiversità viticola italiana


L’Italia è uno dei paesi al mondo più ricchi di biodiversità viticola, ma questa ricchezza è il risultato di una storia complessa. A partire dalla seconda metà dell’Ottocento, l’arrivo dall’America di patogeni come oidio, peronospora e soprattutto fillossera provocò un’ampia erosione genetica: molte popolazioni locali furono decimate, la viticoltura europea fu profondamente trasformata, e nacque l’ampelografia moderna, con nuovi criteri descrittivi per classificare le varietà di vite.

Gli sforzi per catalogare sistematicamente la biodiversità italiana furono avviati solo decenni dopo. Un progetto sostenuto dall’Accademia Italiana della Vite e del Vino e finanziato dal Ministero dell’Agricoltura dell’epoca portò alla descrizione ex novo di oltre 260 varietà principali, pubblicate in quattro volumi ancora oggi fondamentali e integrate nel Registro Nazionale delle Varietà di Vite. Tuttavia, quelle descrizioni richiedono aggiornamenti alla luce delle conoscenze moderne.

Dalla sola ampelografia alla genetica

L’identificazione basata esclusivamente su caratteri morfologici si è rivelata faticosa e talvolta imprecisa. Negli anni ’80 arrivarono i primi marcatori molecolari (isoenzimi) che aiutarono a districare omonimie e sinonimie, ma la vera svolta avvenne negli anni ’90 con l’analisi del DNA. Furono identificati nove loci microsatelliti particolarmente polimorfici: ogni varietà possiede una combinazione di alleli in questi loci che ne definisce il profilo molecolare, tradotto in una stringa numerica.

Questi marcatori sono stati adottati a livello internazionale, consentendo la creazione di database molecolari sempre più ricchi. Oggi il Vitis International Variety Catalogue contiene oltre 6.000 profili molecolari, strumento essenziale per identificare e confrontare materiali provenienti da collezioni e vigneti.

Le collezioni viventi: campi catalogo e conservazione

Dalle attività di censimento nazionali nacquero anche collezioni viventi: campi catalogo che raccolgono non solo le varietà elencate nel Registro Nazionale, ma anche accessioni locali e internazionali. Alcune di queste collezioni raggiungono e superano le 3.000 accessioni, custodendo materiale fondamentale per studi, recupero e conservazione.

Perché l’analisi del DNA è tanto utile?
• può essere eseguita su qualunque organo (foglia, germoglio, tralcio, acino, radice), in qualsiasi periodo dell’anno;
• le tecniche attuali permettono di ottenere un profilo varietale in poche ore, con costi contenuti rispetto al passato;
• confrontando il profilo ottenuto con i database esistenti si può verificare rapidamente se una pianta corrisponde a una varietà nota o è potenzialmente anonima o nuova.

Obiettivi del recupero della biodiversità viticola

• salvaguardia: preservare varietà storiche rappresentate da pochi ceppi;
• valorizzazione: individuare biotipi o cloni interessanti per caratteri agronomici o enologici;
• scoperta: riconoscere varietà nate da seme o forme locali non ancora studiate, potenziali nuove risorse per la viticoltura moderna.

Il lavoro del CREA integra conoscenze storiche, ampelografiche e genetiche per costruire una mappa sempre più precisa della biodiversità viticola italiana. Conservare, identificare e caratterizzare queste risorse non è solo un atto di tutela: significa anche creare opportunità per recuperare patrimoni varietali locali e scoprire materiali che possano arricchire le produzioni contemporanee con caratteristiche uniche.