Permeabilità delle chiusure, metodiche analitiche
a cura di Dott.sa Alessandra Possamai, Ufficio Qualità Portocork Italia
Nel corso degli anni sono stati sviluppati vari metodi/tecniche per misurare l’ingresso di ossigeno delle chiusure. Se inizialmente le metodiche adottate erano distruttive (misura del potenziale di ossidoriduzione, ossimetro, gascromatografia..), la tecnica colorimetrica messa a punto dall’Università di Bordeaux ha permesso di quantificare la presenza di ossigeno al momento dell’imbottigliamento e di comprendere nelle normali condizioni d’uso la cinetica di ingresso dell’ossigeno.
Si tratta di un metodo non distruttivo basato sulla riduzione di una soluzione di carminio d’indaco in bottiglia chiusa che gradualmente cambia colore dal giallo, in stato di riduzione, a blu in stato di totale ossidazione. Questo metodo consente la misurazione dell’ossigeno totale che nel tempo entra in una bottiglia di vino, compreso l’ossigeno desorbito dalla chiusura.
Oltre a non essere distruttiva questa metodica presenta il vantaggio di misurare l’ingresso di ossigeno attraverso una chiusura completamente compressa, cioè in condizioni reali di utilizzo, durante la conservazione del vino in bottiglia. D’altro canto i risultati possono essere distorti se le bottiglie sono sovraesposte alla luce e alla temperatura.
Utilizzando il metodo colorimetrico sono state confrontate/valutate le perfomance di diversi sistemi di chiusura : due tappi in sughero monopezzo (una di classe fiore/migliore qualità, e una di classe intermedia), due tappi in sughero “tecnici” (birondellato e microagglomerato), un tappo sintetico (Nomacorc) e quattro tappi a vite con diversi liner.
I risultati hanno mostrato che solo la bottiglia di controllo (sigillata alla fiamma) era completamente ermetica; gli altri sistemi di chiusura non solo consentivano il passaggio di ossigeno, ma presentavano cinetiche diverse a seconda del tipo di chiusura.
In una seconda fase il contenuto di ossigeno è correlato in gran parte alla permeazione attraverso la chiusura e secondariamente alla diffusione del gas residuo trattenuto nella chiusura compressa. In questa fase il contenuto di ossigeno è principalmente correlato alle caratteristiche di trasmissione dell’ossigeno di ogni tipo di chiusura.
Con i tappi vite, l’ingresso di ossigeno era sostanzialmente maggiore durante l’imbottigliamento rispetto ai 36 mesi di conservazione; questo è apparso essere dovuto all’inserimento di ossigeno contenuto sotto il tappo a vite nello spazio di testa della bottiglia al momento dell’imbottigliamento. Lo stato di equilibrio si raggiunge subito dopo l’imbottigliamento.
Dopo il primo mese, i tappi a vite e i tappi di sughero tecnici (birondellati e microagglomerati) presentavano il più basso valore di trasmissione di ossigeno.
Al contrario, una chiusura sintetica come Nomacorc presentava il più alto valore di trasmissione dell’ossigeno. Nel caso dei tappi di sughero naturale l’ingresso di ossigeno diminuiva nel tempo raggiungendo un equilibro tra i 18 e i 24 mesi di conservazione; i tappi di classe fiore presentavano il migliore valore rispetto al sughero di classe intermedia con più lenticelle.
Il metodo colorimetrico ha permesso inoltre di approfondire le modalità di ingresso attraverso le varie chiusure. Nel caso dei tappi sintetici l’ossigeno rilasciato dalla chiusura è quello dell’anima centrale del materiale della chiusura, nel caso dei tappi di sughero si tratta delle lenticelle (*).
Questi risultati sono stati confermati anche da ulteriori studi (P. Lopes e collaboratori**) che hanno mostrato che gas esogeni e/composti volatili come il TCA sono in grado di permeare attraverso un tappo sintetico e tappo a vite saranex (altro rivestimento permeabile), mentre al contrario, questi composti sono stati mantenuti all’esterno dei tappi di sughero, impedendone la migrazione e dimostrando perciò che i tappi di sughero sono barriere efficaci alla trasmissione di gas esogeni e composti volatili.(***)